Avatar (Netflix), episodio 4: nelle profondità (viva i filler!)


Procediamo col quarto episodio, che comincia con un breve scambio d’informazioni tra Iroh e Aang (in prigione), che ci dicono quanto è terribile il posto in cui li hanno imprigionati. Parlano anche di Zuko, con Iroh che difende il nipote.

La successiva interazione tra Sokka e il Meccanico è più interessante, col secondo che afferma di aver passato i progetti (non armi, ma lo potrebbero diventare) al nemico per evitare che questo attaccasse la città. C’è da dire che i soldati del fuoco sono stati semi onesti: avrebbero potuto benissimo rapire lui e suo figlio e usare quest’ultimo per costringerlo a realizzare progetti più efficienti!

Arriva Katara, che informa tutti che Aang è in prigione.

Nel frattempo il chiudifila di un gruppo di soldati della terra sente un rumore: è Zuko, che lo cattura, stende/uccide con una piccola esplosione e gli frega l’armatura, senza neanche mettersi una maschera e senza che nessuno noti nulla.

Torniamo ad Aang e Iroh, che ancora si scambiano informazioni sulla guerra, Ozai che vuole conquistare il mondo, e si accenna al fatto che Iroh sarebbe in debito con Zuko. Aang in queste scene pare fidarsi di Iroh, ma non capisco perché dovrebbe. Iroh rivela di essere il fratello di Ozai!

Katara e Sokka decidono di salvare Aang passando per le gallerie. Il contatto della Nazione del Fuoco arriva e, Meccanico a parte, tutti sono d’accordo nello smettere di nascondersi, è ora di combattere! Il che è una buona idea, ma manda in malora il bel discorso fatto prima sulle scelte difficili: non è che se i soldati del fuoco attaccano se la prendono solo con loro, l’intera città sarà in pericolo, compresi molti civili.

Intanto Iroh viene deportato e l’Avatar è al cospetto del re.
L’incontro tra Aang e il re (che è Bumi, suo vecchio amico d’infanzia) non è molto piacevole: a differenza del cartone, gli atteggiamenti di Bumi qui sono sgradevoli, per esempio prima ordina un té con corteccia di pino e poi lo sputa disgustato, rimproverando i servitori per aver messo la corteccia di pino. Almeno Aang lo riconosce subito.

Il “tradimento” di Katara dello scorso episodio però non è andato a buon genio a Jet, che ci delizia con la frase “se ti metti contro di noi… lo sei!”

E la classe archer è fatta per gli arcieri (cit).

La discussione degenera in fretta in uno scontro, in cui Katara lo fredda (nel senso che lo ghiaccia).

Di nuovo ci spostiamo (ammazza, riusciamo a tenere un pov per cinque minuti?) su Zuko, che si ritrova a un bivio: andare a salvare lo zio Iroh oppure andare a cercare di catturare Aang?

E di nuovo torniamo ad Aang e Bumi, che sono a cena… Bumi si rivela davvero sgradevole: le sue freddure fanno pena perfino a me.

“Ti offro delle costine di canguro! Praticamente ti SALTANO in bocca!”

Ellie (mettendosi una mano sul cuore): – Sento un desiderio ossessivo di strangolarlo. Ossessivo per i miei criteri! –
Shade: – Ora capisci come ci si sente! –

La sua risata è oltremodo sgradevole. Che fine ha fatto il buffo ma tosto re? Risulta così difficile fare un personaggio che abbia una risata amichevole e sappia fare battute?

A tavola c’è l’unico dialogo interessante finora: Bumi fa notare ad Aang di aver combattuto per cento anni in quella guerra piena di scelte difficili (a chi dare l’ultima razione rimasta? Ai bambini o ai soldati?), mentre lui, l’Avatar, non c’era. E qui si sentono le differenze rispetto al classico: un discorso del genere avrebbe colpito il vero Aang come un macigno, perché era FUGGITO, questo Aang non fa una piega, perché… non ha vere colpe, se non una botta di sfiga!
Ripetiamo: in originale era fuggito ed era stato travolto dalla tempesta, qui è andato a prendersi una boccata d’aria ed è stato travolto mentre STAVA TORNANDO!

Capite, cari lettori e aspiranti scrittori, quanto sono importanti le motivazioni? Il perché hai fatto una cosa ha conseguenze a lungo termine, cambia la tua visione del mondo e la visione che gli altri hanno di te!

Katara e Sokka nel frattempo si addentrano nelle gallerie, dove incontrano la compagnia di bardi iteneranti della serie, che subito raccontano loro della leggende dei… pardon, DELLE due innamorate. Sì, hanno cambiato una leggenda inserendo due donne, ma non è un problema per me.
Sappiate che tale leggenda narra la nascita di Omashu.
Salutate i bardi, their job here is done.

La pallina da ping pong che è la storia torna da Sokka e Katara che, dopo una lite in cui si rinfacciano a vicenda le mancanze, si calmano e parlano di… cose che non abbiamo mai visto.

SHOW, DON’T TELL!!!!!!

Ma quando la serie sta per precipitare, ecco che arriva un tell mostruosamente interessante.
Sappiamo tutti che Iroh era un generale del fuoco che ha tentato di prendere la capitale del regno della Terra, Ba-Sing-Se. Le guardie che lo stanno tenendo prigioniero lo umiliano, infieriscono, e una di loro parla del proprio fratello e degli orrori a cui ha assistito.
Questo è veramente interessante, perché è un vero tassello mancante della serie, dovuto al fatto che il cartone era anche per bambini e quindi non potevano sottolinearci questi orrori.

La guardia stessa fa la domanda che avrà martellato Iroh per anni: “ne valeva la pena?”

Iroh, anziché deliziarci con qualche perla o mostrare profonda empatia, risponde che era in guerra ed era un soldato. Il guardiano ribatte “eri un boia!” e lo picchia.

Iroh addirittura lo sfida, lo provoca, dicendo che la guerra “ci spinge al limite”, rivolto proprio al guardiano.

Beh? Tutto qui quello che riesce a dire Iroh, il personaggio più saggio dell’intera opera? Niente particolare tristezza, niente vergogna, nulla?

Nella mia personale interpretazione, nella serie classica, Iroh era un conquistatore (non un boia), un generale con un’etica, volto alla conquista, perché è nella conquista che si raggiunge la gloria, sia personale (accettazione/accoglienza sociale, salita di status) sia collettiva (gloria del paese). Inoltre doveva pensare che il Paese del Fuoco fosse SUPERIORE agli altri, ed essendo superiore aveva il diritto di conquistare e riformare. Dava anche per scontato che suo figlio (Lu-Ten, morto in guerra) sarebbe sopravvissuto, ma la morte di questi ha messo in crisi le sue convinzioni, la sua visione del mondo.
Se suo figlio è morto, allora il suo paese è davvero così grande? Stanno portando ordine e grandezza oppure stanno spegnendo vite? Per cosa era morto suo figlio?
Ed ecco che prima ha abbandonato l’assedio (i suoi soldati avevano pure nostalgia di casa), macchiando il suo nome, ha iniziato a viaggiare e studiare le culture altrui, scoprendo che la grandezza si esprimeva in tanti modi e prendendo il meglio dai vari popoli, onde diventare il saggio che conosciamo.

Ma qui non c’è niente del genere: un’interazione tra il vero Iroh e un soldato nemico traumatizzato sarebbe stata epica. V’immaginate se quel soldato fosse stato l’uccisore di Lu-Ten, il figlio di Iroh?

“Allora è questo che siete! Voi non avete umanità! Voi non conoscete il dolore!” ribatte il guardiano senza nome.
Date una medaglia a quel soldato, per ora è il personaggio più interessante della serie!
L’elemento successivo è a sua volta carino! Vediamo il funerale di Lu-Ten, il dolore di Iroh, Ozai che promette di onorare la sua caduta (senza sorrisetti malvagi), il dolore di Zuko… non è da 10 e lode, ma è molto sopra agli standard della serie. Come qualcuno ha fatto notare su Youtube, le prime parole di Zuko sono quelle di un principe che elogia un altro principe… ma le successive sono quelle di un ragazzo che elogia un amico perduto.
La scena aggiunge un elemento interessante: Lu-Ten dette a Zuko una medaglia (vinta per essere stato il primo del corso da ufficiale), e Zuko la ridette ad Iroh al funerale. Tal medaglia è stata poi lasciata da Iroh come traccia affinché Zuko lo ritrovasse.
Non male.

Purtroppo ci scagliano di nuovo da Aang, che ricorda a Bumi il bambino che era una volta: divertente, amichevole, vivace.
Questo è un bel discorso ed è interessante da trattare: la vita, le sofferenze, le delusioni, possono indurirci, toglierci il sorriso, riempirci di rabbia e frustrazione. Possono farci diventare cinici, disillusi, spingerci a guardare il passato con un misto di nostalgia, dolore e odio.
Guardiamo la nostra vecchia immagine, il/la nostr* Fanciull* e pensiamo “come ho fatto a diventare così?” Dov’è finita la nostra capacità di sognare, sorridere, amare?
Può trattarsi di quel crollo temporaneo di qualche mese, forse un anno, dal quale usciamo più forti e sicuri. Non abbiamo perso la strada, stavamo solo attraversando la selva oscura.
Oppure possiamo sprofondare sempre di più, ci perdiamo nella selva e questa gradualmente ci trasforma in ciò che odiamo o abbiamo paura di diventare. Ne usciamo completamente trasformati, perfino traumatizzati.
A volte riversiamo l’odio su noi stessi e cadiamo in depressione, altre sulle circostanze, a volte sul nostro prossimo che sa ancora vivere e per questo lo invidiamo.

Purtroppo questi approfondimenti non ci sono: queste sequenze paiono una sorta di fase di transizione, in cui i toni “maturi” ma leggero/moderati si spostano su toni cupi senza però affrontarli seriamente.

Bumi ripensa a quei tempi pieni di speranza e giochi. Purtroppo, anziché rispolverare la PS2 e fare una partita multigiocatore a Il Signore degli Anelli-Il Ritorno del Re, decide di sfidare il vecchio amico a duello.

Zuko raggiunge lo zio e lo libera, e insieme sconfiggono i dominatori della Terra. Iroh decide di risparmiare il soldato che lo aveva malmenato, ma questi, in cambio, lo colpisce alle spalle, ferendolo.
Ahia ahia, questo non è da Iroh: essere buono è un conto, ma dare le spalle così facilmente a un soldato nemico forte e rancoroso non è una bella idea. Il vero Iroh lo avrebbe potuto fare, anche come test, ma non avrebbe mai abbassato la guardia così.

Torniano di nuovo da Katara e Sokka: nelle gallerie trovano una talpa-tasso (praticamente un tasso del miele grande come un tirannosauro) che prima li insegue, poi percependo il loro amore, si placa.
Questo perché le talpe-tasso, qui, si orientano grazie ai sentimenti che percepiscono. Il che non sarebbe un male, se non fosse che Katara parla di “amore”, ma lei è col fratello, quindi sarebbe un tipo di amore diverso da quello delle due amanti… cos’è, sono dei Lannister in incognito?

Detto per inciso, la Grotta degli Amanti fungeva da importante tassello per lo sviluppo della relazione tra Aang e Katara… che tristezza.

Intanto Aang sta lottando contro Bumi, e ancora le modifiche si fanno sentire: Bumi accusa Aang di averli abbandonati, di non aver voluto combattere, di aver sempre preferito il gioco… ma qui non è verooooo… in questa serie Aang è sempre stato responsabile, non ha mai fatto nulla di particolarmente immaturo, specie considerando l’età! Lui avrebbe combattuto se non fosse stato per una botta di sfiga!

Cari aspiranti autori, anche qui, ricordate: se fate delle revisioni ai vostri racconti, fate attenzione, perché fare una modifica anche in apparenza piccola può stravolgere intere scene!

Aang poi non fa nulla per ribattere: se avesse detto “Bumi, io volevo combattere con tutto me stesso, ma era una grande responsabilità e sono andato a prendere aria, poi una tempesta mi ha travolto e mi sono ibernato per non annegare!” sarebbe stata una valida argomentazione.
La rabbia di Bumi sarebbe comprensibile, ma essendo lui un ultracentenario, dopo averci riflettuto ed essersi sfogato, avrebbe dovuto capire che non è colpa di nessuno. E poi Bumi dovrebbe sapere che tipo la notte stessa (ok, non saprà le date esatte, ma il periodo sì) i dominatori del fuoco hanno attaccato e fatto una strage. Con la sua “fuga”, Aang si è salvato anziché morire per niente. Certo, si sarebbe incarnato un altro Avatar in una delle due tribù dell’acqua. Ma se lo avessero catturato e basta il Fuoco non avrebbe avuto veri ostacoli.

La situazione degenera in modo grottesco: Bumi fa crollare il soffitto dell’arena, facendo cadere una grande roccia su Aang e una su sé stesso. Aang, che cerca di salvare entrambi, non riesce a reggere da solo tutto quel peso.

Bumi lo deride: questa è la guerra! Il dover scegliere tra due opzioni diametralmente opposte!

Questa è la fallacia logica della falsa dicotomia, in cui sono caduto anch’io in un periodo di crisi creativa: c’è quasi sempre la terza opzione.

In questo specifico caso, il problema è presente perché Bumi, a scopo provocatorio, ha deciso di non difendersi.

In questo contesto (“Devo salvare questa città o l’altra?” domanda Bumi) sarebbe come scegliere tra una città senza difese e una piena di soldati che però si stanno vendendo al nemico! Di grazia, dove dovrei inviare le mie truppe?

In un deus ex machina di livello ficcinaro, proprio in quel momento arrivano Katara e Sokka: la prima crea una scia di ghiaccio, il secondo fa una scivolata e così facendo riesce a bloccare e trascinare via Bumi, che, detto per inciso, è uno dei personaggi più forti della serie!

Il discorso intero sarebbe interessante, ma l’esempio che stai usando non va bene! Il messaggio “se hai qualcuno che ti aiuta, non dovrai fare le scelte immorali” è bellissimo, me lo godo dai tempi della terza stagione di Sailor Moon (dove il tema è stato affrontato), ma deve essere contestualizzato!

Segue un discorso in croce di Aang, Bumi si ripiglia, ci viene detto che il Meccanico Sai ha informato il re delle spie del fuoco, e via: Bumi prepara la resistenza (evidentemente sono sempre stati capaci di combattere, avevano solo perso lo spirito) e la Gaang parte verso nuove avventure.

L’episodio si conclude con un flash-back della partenza di Iroh e Zuko. Che è fatto bene, lo confesso, merito anche delle musiche. Si ha l’idea che sia Zuko al comando, quando in origine i soldati sembravano aver seguito Zuko più per rispetto per Iroh… ma non c’è male.

Per ora è l’episodio migliore: i “buoni” sono estremamente sottotono, i cambiamenti rovinano intere scene importanti, ma ci sono anche un paio di belle aggiunte, dei veri e propri missing moment!

  • fanwriter91 –

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