Lore Demoniaca – Introduzione

Avete presente le scenette che precedono e seguono le nostre recensioni (e talvolta si trovano anche al loro interno)?

Negli anni la loro mole è cresciuta a tal punto che ormai sono arrivate a formare una vera e propria lore legata alle nostre recensioni.

Abbiamo quindi pensato di raccogliere queste scene sotto una nuova categoria, in modo da dare ad esse una parvenza di ordine.

La recensitrice Hopeist si è offerta di sobbarcarsi questo lavoro semi-filologico: dunque, ringraziamola e seguiamo il suo viaggio alla ricerca della lore perduta!

-Evgenij


-Ma quanto diamine è grande?!-

Hopeist lo esclamò tutto d’un fiato.

Poi tacque, e sprofondò in un silenzio carico di ammirazione. Nel corso della sua (non così) brillante carriera di archeologa, di costruzioni imponenti e affascinanti provenienti dal passato ne aveva viste tante. Tuttavia, con quella, non c’era proprio paragone. Era incredibile, sembrava di trovarsi sul set di uno dei film di Indiana Jones!

La vegetazione della giungla fittissima che circondava quell’enorme tempio l’aveva sì inghiottito (quasi per intero, a dir la verità), ma ciò non ne aveva affatto cancellato l’assoluta magnificenza.

Liane, muschi, piante rampicanti che circondavano i muri sbeccati, fiori di un pallido color azzurro che erano cresciuti tutt’attorno ad alcune colonne di pietra grigia, un piccolo laghetto formatosi ai piedi di una di esse, leggermente sprofondata nel terreno; tutto sembrava quasi essere stato fatto apposta, come se quel luogo fosse stato concepito in quel modo fin dal principio.

Era davvero incredibile. Il gigantesco tempio era costituito da un’imponente struttura piramidale, che si ergeva al centro di un quadrato perfetto, delimitato da ampie colonne di pietra. O ciò che ne rimaneva, per lo meno.

Poi, nell’ampio sprazzo all’interno del quadrato delimitato dalle colonne, poggiate su un morbido manto erboso verde brillante, statue (che talvolta avevano arti mancanti, facce sfregiate, o erano addirittura soltanto dei pezzi) dalle sembianze umane. Tra queste, spiccava una statua che rappresentava tre individui. Chissà come, era rimasta in piedi, e si era persino conservata in buono stato.

C’era un uomo a petto nudo, con solchi sul petto che probabilmente rappresentavano tatuaggi di qualche sorta, pietre di un rosso vivo incastonate al posto delle pupille e muscoli possenti. La faccia, distorta da un ghigno colmo d’ira, e i pugni, tesi nel gesto di un attacco, gli conferivano un’aria mostruosa. Dirimpetto a lui un secondo uomo, che sembrava un po’ più piccolo del primo. Aveva un’espressione dannatamente risoluta (chi aveva scolpito quella statua era un vero portento, c’era da dirlo) e stava facendo da scudo a una fanciulla, subito dietro di lui, che per qualche oscuro motivo sembrava protendersi verso lo spaventoso uomo tatuato.

Chissà cosa diavolo poteva significare?

Hopeist era sbalordita, ma soprattutto soddisfatta.

Il terribile viaggio in quell’enorme giungla, dove era stata preda dell’umidità, della fame, della sete e di svariati serpenti, ragni e torme di insetti schifosi (vi sfido a cercare su Internet la foto di una ‘scutigera’ e a smentire questa mia affermazione) l’aveva finalmente ripagata. Eccolo lì, uno dei più grandi templi dell’antica civiltà che Hopeist stava studiando da anni. I Crinonti, talvolta anche detti Daimonoctoni.


L’archeologa, il cuore che rimbombava nel petto per l’emozione, le mani leggermente tremanti, si apprestò a farsi strada all’interno dell’immensa costruzione. Attraversò l’ampio spazio al di fuori del tempio, fermandosi di quando in quando a dare un’occhiata ai resti delle antiche statue, e si avvicinò all’enorme ingresso che conduceva all’interno della struttura piramidale. Era aperto e libero da detriti di ogni sorta. Incredibile. Per un istante infinito, Hopeist provò una sensazione stranissima, ma dannatamente vivida. Era come… Come se il tempio la stesse… Aspettando. L’archeologa abbandonò in fretta questi pensieri. Probabilmente, stava lavorando un po’ troppo di fantasia.

C’era da dire che l’interno del tempio non era così stupefacente quanto l’esterno.

O almeno, non per una persona comune. Per un’archeologa come lei, invece, era una fonte inestimabile di informazioni. Il tempio sembrava essere diviso in più stanze, e su ogni parete o quasi c’erano incisioni antiche. Hopeist sapeva che quegli scritti erano chiamati ‘Recensioni’, o anche ‘Stroncature’, dal popolo dei Crinonti. Sapeva quasi tutto ciò che si era scoperto di quel popolo, a dir la verità. Molto, molto poco.

Hopeist passò le ore successive ad esplorare quante più stanze che poteva nel gigantesco tempio. Le pareti recavano le vestigia di antiche scritture, per quanto molte di esse fossero illeggibili o scomparse del tutto, come di seguito al passaggio di un’ignota forza che le aveva raschiate via dalla pietra.Fu comunque in grado di annotare alcuni oscuri riferimenti alle credenze degli antichi abitanti del luogo. Vide segni apotropaici volti a scongiurare la sostituzione di descrizioni dettagliate in favore di qualcosa che iniziava per “f”. Su varie altre pareti colonne di numeri in successione scendeva dall’alto verso il basso, e di fianco ad essi v’era un fiume di parole dalla difficile interpretazione: pareva fossero una serie di osservazioni impilate una sopra l’altra, ma era arduo comprendere a cosa si riferissero. Infine, in fondo, nell’angolo opposto ai numeri, si vedeva quello che pareva essere l’ideogramma di un uccello notturno.

Scoprì anche quello che, con ogni probabilità, era un luogo volto ad effettuare sacrifici pagani di qualche sorta. Ai lati della stanza, due statue, che, purtroppo, non si erano conservate in buono stato. L’archeologa poté solo stabilire con assoluta certezza si trattasse di due donne. Una (la testa era mancante), reggeva una spada, o, per lo meno, quella che pareva essere tale. Al centro della stanza, c’era un piccolo altare di pietra, sul quale l’archeologa rinvenne tracce che suggerivano l’accensione di un focolaio, molto tempo addietro. Inoltre, sopra ad esso era stata incisa una parola, che Hopeist non riuscì a decifrare del tutto. La lettera iniziale, in ogni caso, pareva essere la “p”.

Passò ancora un po’ di tempo. L’archeologa, dopo qualche altro vagabondaggio privo di rilevanza, scoprì una stanza che la colpì molto. Era piuttosto angusta, a dir la verità, e non conteneva nulla, eccezion fatta per una lunga e ampia stele di pietra appoggiata a un altare, sul quale campeggiava la statuetta di un suino dorato. Sulla stele, Hopeist aveva trovato riportati (o almeno, così presumeva) titoli di alcune ‘Stroncature’: Afraid of You, Hazard Hall, Dark, Danger, Top Secret, qualcosa di incomprensibile che terminava in “idditchIn ogni caso, l’archeologa aveva qualche dubbio sulla propria maldestra interpretazione di quegli scritti… Corridoio Rischioso? E cosa diavolo avrebbe dovuto significare? Comunque, in quel momento, le sue scarse capacità di traduzione non erano certo la cosa più urgente a cui pensare.

Fatto curioso, sul lato opposto del corridoio c’era una stanza molto simile a questa, se non fosse per il fatto che quella che un tempo doveva essere una stele gemella giaceva sul pavimento ridotta in una miriade di frammenti, e l’altare era caduto a terra, senza che vi fosse traccia dell’idolo che probabilmente vi si trovava un tempo.

Hopeist uscì dalla stanza. Tutto stava andando bene, eppure… Eppure, qualcosa non era al suo posto. Da un po’ di tempo, nella mente dell’archeologa, con insistenza crescente, si era fatto strada un quesito.

Inizialmente Hopeist non ci aveva affatto fatto caso, assorbita com’era animo e corpo dall’esplorazione del tempio. Man mano che procedeva, avventurandosi sempre più nei meandri più reconditi della struttura, però, si era resa conto di un fatto assai strano, e le due stanze appena scoperte avevano riconfermato del tutto i suoi sospetti: il tempio era stato distrutto per metà.

Non che ci fosse una scissione netta tra le due parti, ovviamente: del resto, l’antica struttura era stata costruita chissà quanti millenni prima, figurarsi se poteva essersi conservata del tutto integra. Però, Hopeist aveva fatto tutti i ritrovamenti e le scoperte più importanti nella zona del tempio della quale era parte la stanza con l’idolo del suino dorato. Invece, nella zona della stanza oramai quasi del tutto distrutta, non aveva trovato assolutamente nulla. Inoltre, molte delle stanze in quella zona presentavano evidenti segni di manomissione. Alcune avevano le pareti annerite; probabilmente, all’interno delle stesse era divampato un rovinoso incendio. Altre avevano le pareti del tutto sbeccate, distrutte per metà o più o addirittura del tutto crollate. Qualcuna aveva pareti e pavimento ingombri da enormi fori; in una di queste, ce n’era perfino uno che dava sull’esterno. Hopeist notò che un raggio di sole aveva traversato l’apertura, illuminando parzialmente la stanza. L’archeologa si fermò, e il suo sguardo venne catturato, quasi come fosse stato ipnotizzato dalla tenue luce. Su quello che restava dei muri si potevano scorgere, alla luce della sua torcia, le lettere di un alfabeto del tutto diverso, e, sebbene le fosse incomprensibile, Hopeist constatò che doveva trattarsi sempre delle stesse due parole.

Tuttavia, al momento, quelle strane parole ripetute non erano certo il dubbio più pressante dell’archeologa. Accecata dalla luce, osservando uno sprazzo di cielo azzurro, si chiese il perché. Perché una parte del tempio era stata abbattuta? Cos’era successo? Come mai si era arrivati a tanto, a distruggere, a cancellare dall’esistenza una parte di quel luogo magnifico?

L’archeologa, durante l’esplorazione, nonostante l’avesse cercata in lungo e in largo, non trovò mai una risposta.

Sull’ennesima parete di pietra, distrutta in gran parte, lesse nuovamente quelle due parole. Lì vicino, una traduzione del testo in più lingue e, miracolosamente, una di esse le era nota. Per primo tradusse il titolo. Recitava ‘Lore Demoniaca’, o qualcosa di simile. Da quanto era riuscita a comprendere dall’iscrizione, l’archeologa si trovava davanti ad un qualcosa che rasentava il fantastico. A quanto pareva, infatti, il popolo dei Crinonti aveva trovato il modo di…

-Cristallizzare dei ricordi? Che razza di leggenda… Come dice qui? “Immergendosi nel Lago del Recensore (era un curioso soprannome che i Crinonti avevano conferito al piccolo specchio d’acqua cristallino locato qualche chilometro più a Sud del tempio, se la memoria non la ingannava) colui che sarà in grado di concentrare i propri pensieri su un solo, singolo ricordo, uscirà dal Lago senza aver addosso una singola goccia d’acqua. Con sé, il prescelto porterà il ricordo stesso, racchiuso in una Sacra Runa…” Accidenti, se questi Crinonti erano fantasiosi!- Ridacchiò l’archeologa, prima di procedere con l’esplorazione.

Dopo ore di esplorazione fruttuosa (senza però esser riuscita a trovare risposta al famoso interrogativo) Hopeist stava percorrendo un lungo corridoio che aveva ipotizzato collegasse le stanze iniziali del tempio ad un’eventuale camera principale. Nonostante la rabbia e la frustrazione, ancora livide per lo smacco di non aver trovato alcuna risposta, l’archeologa era anche impaziente di scoprire cosa celasse quella camera.

Un passo. Poi un altro, e un altro ancora. L’unico rumore che udiva erano i propri passi, e il sonoro rimbombo che producevano in quel corridoio vuoto. Non un suono. L’archeologa avrebbe potuto giurare che anche i tucani, i pappagalli e persino quei dannatissimi moscerini che l’avevano tormentata fino a quel momento avessero improvvisamente cessato di cantare e ronzare.

Nuovamente, l’archeologa ebbe la stranissima quanto vivida sensazione che quel tempio fosse… vivo, e stesse aspettando qualcuno. Stesse aspettando lei. Sì, quel giorno stava lavorando troppo di fantasia. Decisamente troppo.

Si avvicinò sempre più alla fine del buio corridoio. Sul fondo, una tenue luce, che mano a mano aumentava d’intensità. L’archeologa spense la torcia. Non ne aveva più bisogno. Svoltò l’angolo. Si potrebbe parlare per ore di ciò che Hopeist vide in quell’enorme stanza, ma credo che la frase che pronunciò non appena tutto quellole si parò d’innanzi sarà più che sufficiente:

-La Rowling, prima di scrivere della Stanza delle Profezie, dev’essere passata di qua. Non c’è altra spiegazione!-

Questa sommaria descrizione, effettivamente, non si allontanava poi molto dalla realtà. All’interno dell’immenso stanzone, poggiate su lunghi tavoloni di pietra, centinaia (no, migliaia!) di cristalli giacevano disordinati, irradiando la stanza di una luce fortissima. Era uno spettacolo davvero incredibile, ancor più dell’impatto iniziale col tempio.

L’archeologa si avvicinò, piano. Allungò una mano, e quasi sfiorò con dita tremanti quel cristallo che, ormai ne era certa, era davvero una Sacra Runa. Una delle migliaia riposte in quella stanza. Tentennò, e ritrasse la mano. Prese un respiro profondo, e lo fece. L’aveva toccata. La testa iniziò a girare, e il mondo intorno all’archeologa si dissolse rapidamente. Nella testa, risuonavano due sole parole:

Lore Demoniaca.




[Immagine di copertina tratta dall’illustrazione della carta Grim Tutor del gioco Magic: The Gathering, opera di Igor Kieryluk.]

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